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Karl Lagerfeld lance son e-commerce

Karl Lagerfeld lance début novembre son tout premier magasin virtuel. Une étape importante pour laquelle le couturier allemand a fortement investi. Le site e-commerce Karl.com sera géré par l’Italien Yoox Group et dédié uniquement aux collections femme.

La boutique virtuelle de Karl Lagerfeld sera en ligne à partir de novembre

La maison a souhaité se concentrer en effet pour l’instant sur l’univers féminin, mettant en vente sur le Web le prêt-à-porter et surtout les accessoires, premier focus de la marque, de la maroquinerie (chaussures, sacs, etc.) aux lunettes, en passant par montres et parfums.

Le site sera accessible dans 97 pays en cinq langues (anglais, allemand, français, italien et japonais) avec quatre devises (euros, dollars, livre sterling britannique et yen) et proposera de nouveaux produits tous les 15 jours.

Pour accompagner ce lancement, qui va permettre à la griffe de se déployer dans le monde entier, Karl Lagerfeld a imaginé une collection capsule, dénommée « Karl Around the World », en clin d’œil à cette expansion en ligne tout autour de la planète et inspirée des voyages du couturier.

La collection capsule “Karl around the world”

Composée d’accessoires de voyage (sac en bandoulière, masque de nuit, porte-passeport, carnet de voyage, etc.), la collection sera commercialisée aussi bien sur le site marchand que dans la vingtaine de boutiques monomarques que compte la maison.

Autre initiative pour couronner le lancement de Karl.com, une vente aux enchères très spéciale. Karl Lagerfeld a réalisé trois sacs exclusifs qui seront vendus chacun en un seul et unique exemplaire avec le croquis original du créateur, sur le site d’enchères en ligne d’art contemporain Artnet.

Les trois sacs à main et leurs croquis seront présentés sur Artnet le 2 novembre prochain. Les internautes pourront ensuite enchérir sur les objets en édition limitée imaginés par le grand couturier, à partir du 5 novembre et jusqu’au 10.

Le croquis signé par Karl Lagerfeld qui sera mis en vente avec le sac

Autant dire une vente assez exceptionnelle où, pour le coup, les prix devraient monter assez haut. Rien à voir bien sûr avec le positionnement dans le segment de luxe accessible proposé par la marque Karl Lagerfeld.

Source: Fashionmag.com

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A fine 2015 debutta la prima Spa Chanel al Ritz di Parigi

Più di tutti, fu uno il luogo che Coco Chanel, regina indiscussa di charme ed eleganza, amò a Parigi. Fu l’Hotel Ritz, lo storico 5 stelle al n.15 di Place Vendome, che elesse a sua dimora all’inizio del 1930. A fine 2015, nell’hotel che fu la sua casa, debutta la prima Spa della maison:’Chanel au Ritz’

L’hotel Ritz a Place Vendome a Parigi

Mademoiselle Gabrielle vi arrivò con tanto di mobilio personale, tra specchi barocchi, paraventi laccati e il celebre divano scamosciato beige con cuscini trapuntati, ritratto in tante foto dell’epoca. ”Basta davvero poco, purchè di buongusto – spiegava sulle pagine di Vogue – per rendere personale anche la più banale delle stanze”. Il Ritz Paris, in verità, banale, non lo è davvero mai stato, inaugurato nel 1889 dall’albergatore svizzero Cesar Ritz e da allora meta prediletta di artisti, intellettuali e jet set di tutto il mondo, da Marcel Proust a F. Scott Fitzgerald, Audrey Hepburn, Maria Callas, re Edoardo VII, Rodolfo Valentino, Charlie Chaplin, Greta Garbo, fino a Lady Diana e Dodi Al-Fayed.

Mademoiselle stessa continuò a tornarvi fino all’ultimo dei suoi giorni, superando anche i mesi bui dell’occupazione nazista, quando dovette lasciare la sua suite con vista su Place Vendome, requisita dal Comando tedesco, per una stanza più piccola, nell’ala su Rue Cambon. Erano gli anni dell’amore con Hans Guenter von Dincklage, ”Spatz”, membro del controspionaggio nazista, in cui il compositore Noel Coward, anche lui ospite frequente al Ritz, racconterà di averla vista rientrare durante un allarme aereo, seguita dalla cameriera che le portava la maschera antigas poggiata su un cuscino. Proprio nella sua suite al Ritz, Mademoiselle si spegnerà il 10 gennaio 1971.

Uno degli interni dell’hotel Ritz a Place Vendome a Parigi

Ecco allora che, dopo tanti anni d’amore, non stupisce l’annuncio della storica maison dalle due C, oggi guidata da Karl Lagerfeld. Sarà proprio nel ”nuovo” Ritz Paris, la cui riapertura è attesa per la fine del 2015 dopo i tre anni di restauro curati dall’interior designer Thierry W. Despont, che debutterà Chanel au Ritz, la prima Chanel Spa al mondo.

Top secret i dettagli e arredi degli spazi, così come i trattamenti creati ad hoc. Nè se sarà la prima di una nuova collezione di Spa della Maison. Di certo, il nuovo esclusivo centro benessere, situato all’interno del Ritz Club, sarà un vero e proprio tempio dedicato alla bellezza, che utilizzerà i prodotti della vasta gamma della maison per la cura del corpo e della pelle e che sarà aperta sia per i clienti dell’hotel che per gli ospiti esterni (un nuovo tunnel riservato sarà poi disponibile per arrivi e partenze di coloro che amano la privacy).

Uno degli interni dell’hotel Ritz a Place Vendome a Parigi

Traendo ispirazione dall’arte del soin Chanel, la Spa, spiegano dall’azienda, offrirà a ogni donna ”una beauty experience sensoriale, unica e personalizzata”.

Per gli amanti della forma fisica, poi, il Ritz avrà a disposizione anche una piscina coperta e un modernissimo centro fitness con sale private. Ma non solo. Eletto nel 1998 ”best hotel in the world” e punta di diamante della collezione degli LHW-The Leading Hotels of the World, l’hotel riaprirà con tre ristoranti, tre bar, compreso il celebre bar Hemingway, il salone Proust per il tè, gli splendidi giardini e terrazze con tetti retrattili e riscaldamento a pavimento, una terza cucina per l’École Ritz Escoffier e ben 72 suite. Tra queste, anche la nuova suite Coco Chanel, curata da Despont e ispirata a quella in cui soggiornò la stilista. D’altronde, come diceva lei, ”Le Ritz est ma maison”.

Source: fashionmag.com

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La moda guarda a Oriente

La moda guarda a Oriente, in Cina per la precisione, dove il mercato del fashion business è in continua espansione, tanto da spingere i colossi della moda a corteggiare il mercato orientale con collezioni e campagne pubblicitarie pensate ad hoc. Per la stagione estiva, l’impero del dragone corre su scarpe, accessori e collezioni del prêt-à-porter e dell’haute couture con ramages, bouquet floreali e pattern irreali. Spazio a nappe, raso e cordoni annodati in vita che ‘abbracciano’ la filosofia orientale.

In bilico tra Cina e Giappone, sulle passerelle spring summer 2015 c’è stata una vera invasione di kimono, cinture obi e giacche sagomate dalle cromie rosso cremisi e nero laccato ma anche arabesque orientali, come da Prada, che ha optato per broccati e colletti alla coreana su tubini sfilacciati.

Dalle passerelle a quello che c’è dietro, e prima, si può dire che ‘La Cina è vicina’, come recitava il titolo di un film di Marco Bellocchio del 1967: non è un mistero che sulle redini della moda internazionale ci siano, da tempo, anche le mani di stilisti asiatici come Jason Wu, Peter Som, Derek Lam, Prabal Gurung, Philip Lim, e Alexander Wang, per citarne alcuni. Di stagione in stagione, il lusso occidentale sta consolidando i suoi legami con l’oriente, solleticando le fantasie e il portafogli delle ricche signore dagli occhi a mandorla, in una corsa sfrenata all’orientalizzazione tout court.

La moda italiana parla cinese da anni, dal 1988 per la precisione, quando Laura Biagiotti, precorritrice dei tempi, conquistò Pechino presentando una sfilata-evento con 125 abiti. Il cashmere, ‘pezzo forte’ della stilista romana, era un po’ ovunque, declinato nei toni laccati del bianco e del rosso: lo show fu un successo strepitoso. Con 200 milioni di spettatori cinesi incollati alla tv, Biagiotti dettò subito tendenza, diventando pioniera del Made in Italy nel Paese del dragone.

Quasi vent’anni dopo Fendi sfila per la prima volta nella storia lungo la Grande Muraglia Cinese. E’ il 2007 e 88 modelle – nella tradizione cinese il numero otto è considerato portafortuna – calcano la passerella per 45 minuti, in una sfilata da record davanti a 500 ospiti. Questa volta sono 300 milioni i cinesi che seguono ammaliati le creazioni di Karl Lagerfeld e Silvia Venturini Fendi.

Da allora, la lista degli stilisti che sono sbarcati, letteralmente, in Cina è diventata lunga. Da Moschino ad Alberta Ferretti, passando per Valentino, Armani, Gattinoni, Chanel e Dior, la ‘China fever’ ha contagiato tutti, compresa Gucci che per le Olimpiadi di Pechino nel 2008 confezionò una collezione venduta esclusivamente sul mercato cinese.

Stesso trend da Max Mara, che per festeggiare i 60 anni di successi, ha dedicato una mostra itinerante ai suoi iconici capispalla, che nel 2008 fece tappa al National Art Museum di Pechino. L’ultimo a portare le sue collezioni in Cina è stato il giovane Cristiano Burani, che in accordo con la Camera Nazionale della Moda italiana e la China Fashion Association, ha sfilato a Pechino durante la Mercedes Benz China Week, la settimana della moda cinese, presentando i capi della prossima stagione invernale.

Ma il viaggio in Cina non è di sola andata; è il caso di Giada, marchio italianissimo di Rosanna Daolio, nato nel 2001, ma che nel 2005 ha affidato strategie di marketing e capitali al gruppo cinese RedStone haute couture di Yihzeng Zhao. I numeri del brand sono strabilianti: quasi 50 boutique monomarca nel mondo, con il primo flagship store nel quadrilatero milanese della moda, in Via Montenapoleone, inaugurato nel 2013.

Un altro esempio è quello di Krizia, che da Mariuccia Mandelli, fondatrice del brand, è passata totalmente in mani cinesi l’anno scorso. A tenere le redini dell’azienda è l’imprenditrice Zhu ChongYun della Shenzhen Marisfrolg Fashion, che ne cura creazioni e business.

Cina rampante anche nell’annuale mostra al Constume Institute del Met di New York, al via il prossimo 4 maggio, che festeggerà il suo centenario dedicando l’esibizione ai legami tra la moda orientale e occidentale. ‘China: Through the Looking Glass’ (così il titolo della mostra) vedrà esposti 130 abiti dagli archivi di grandi stilisti internazionali. Qualche nome? Alexander McQueen, Valentino, Yves Saint Laurent, Chanel, Tom Ford, Dior, e Roberto Cavalli. Di quest’ultimo è indimenticabile la collezione del 2005 ispirata al blu delle porcellane cinesi.

Dalle collezioni del passato a quelle del presente, quest’anno sono molti gli stilisti che sono saliti sull’Orient Express, come Sarah Burton che per Alexander McQueen ha scelto l’oriente come leitmotiv in un contrasto cromatico tra eteree orchidee bianche e rosa e il nero estremo, un po’ geisha fetish un po’ samurai, ma anche tanto bianco e nero in pura tradizione taoista.

L’Asia per anni ha influenzato Giorgio Armani, dalle collezioni di pret-à-porter, a quelle di alta moda, come nell’estiva Armani Privé, in cui il bambù domina e diventa fil rouge dell’intera collezione, stagliandosi su abiti e giacche. Protagonisti tessuti impalpabili come gazar e seta, ma anche paillettes che si arrampicano su abiti e stole.

L’oriente di Armani non trascura cinture obi, tailleurs bianchi candidi con tocchi di nero, quasi a voler trovare un equilibrio tra ying e yang, il giorno che diventa notte e la notte che si fa giorno. Abiti plissettati che si addicono al daywear ma che accessoriati con orecchini di resina e clutch di coccodrillo sono perfetti all night long.

La ‘orient connection’ di Armani è un invito all’eleganza estrema, raffinata, atemporale: tutto, dalle proporzioni ai tessuti, fino ai tagli, i colori e le silhouette, fa eco all’oriente. Foglie verdi di bambù cadono su giacche plissettate, pantaloni in garza double e abiti bustier, e si tramutano in preziose cappe color malva dai contorni orientali. Le cinture obi e da judo nei toni del nero e sabbia abbracciano il punto vita di abiti e pantaloni.

I colori dei giardini cinesi accendono le mise di Dior Haute Couture primavera-estate 2015. Qui i fiori decorano i lunghissimi paltò in pvc dalle contaminazioni pop e seventies. Passa dalla Cina al Sol Levante Giambattista Valli, che nella linea di pret-à-porter propone ceramiche Ming dipinte sugli abiti ma anche nozioni colte e assonanze all’architettura giapponese degli anni ’60. In passerella sfilano rami di ciliegio in fiore nei toni del bianco, giallo e del rosa pastello su gonne e minidress; duchesse e cady i tessuti preferiti per questa stagione dallo stilista romano.

Carven accosta invece le silhouette sixties degli abiti a trapezio al rigore orientale in una tavolozza di tinte forti: giallo e rosso, ma anche nero, bianco e incursioni floreali. Marni mixa i codici estetici orientali agli archivi della maison, sposando la filosofia del minimalismo orientale, tra citazioni giapponesi al kimono e colori neutri del bianco e del nero, declinati su chemisier, giacche e soprabiti.

Lunghe giacche a vestaglia con rimandi asiatici anche da Fausto Puglisi, mentre da The Row (label fondato dalle gemelle Mary-Kate e Ashley Olsen) l’oriente passa soprattutto per le silhouette. I volumi sono over in perpetui giochi di sovrapposizioni esagerate, i toni caldi: terracotta, sabbia, beige e tanto black&white.

Per gli accessori, Valentino opta per stampe floreali turchesi e grafismi bianchi, ma anche incursioni rosse fanno capolino su handbag e scarpe, dandogli un’allure orientale. Mentre da Marchesa i sandali con le nappine si arrampicano sulle caviglie da Ohne Titel decorazioni blu e bianche richiamano, ancora una volta, i decori delle porcellane made in China.

Il vento d’oriente non ha smesso mai di soffiare: sulle passerelle milanesi, lo scorso febbraio, per la stagione autunno-inverno 2015-2016, Elisabetta Franchi aveva scelto i profili di salici piangenti, ciliegi in fiore e l’iconografia del drago. Dagli smoking alle gonne, passando per abiti e bluse dai volumi over, la stilista ha reinterpretato in chiave moderna i capi chiave della cultura jap, come il kimono, trasformato grazie a giochi di volumi, tagli, proporzioni e cordoni, in un’alternanza di cromie oro e nero.

E se la moda occidentale guarda sempre più a oriente, in Cina sono tanti gli stilisti che cercano di scalare le vette del fashion system. Tra le forbici più promettenti delle nuove generazioni di stilisti c’è Uma Wang, che dal 2005 (anno in cui ha lanciato l’omonima linea) è diventata una delle forze guida dell’industria cinese della moda. Tra i new talents ci sono anche Yan Ming, Alison Yeung e Zhang Xi che si dedicano ad accessori e pret-à-porter ma anche Vega Zaishi Wang, Qiu Hao ed Embry Form (marchio lanciatissimo di intimo di Hong Kong).

Molte le icone asiatiche a farsi largo nel fashion, come l’attrice e cantante cinese Li Bing Bing, assoldata da Gucci nel 2012 come testimonial per gioielli, accessori e orologi del brand fiorentino. Liu Wen, prima modella cinese ad essersi imposta nel fashion system è stata recentemente scelta da La Perla, storico brand di lingerie, che l’ha voluta tra i volti dell’ultima campagna pubblicitaria accanto all’inglese Cara Delevigne e alla polacca Malgosia Bela. Anche Fei Fei Sun, altra modella cinese, è da qualche stagione una delle protagoniste delle campagne pubblicitarie di Valentino, Dior, e Prada.

La Cina è terra d’ispirazione anche nel mondo dei profumi: Hermès ha penetrato i giardini cinesi per ricreare la nuova fragranza ‘Le Jardin de Monsieur Li’, un jus dalle note acquatiche di gelsomino, bamboo giganti, kumquat (i mandarini cinesi) e foglie di limone. Una fragranza unisex che il maitre parfumeur della maison francese, Jean-Claude Ellena ha creato dopo essere stato conquistato dai profumi dei giardini d’oriente durante un viaggio in Cina. Giallo il flacone dell’eau de toilette, ultima arrivata nella collezione ‘Jardin’, che rievoca il chinese garden come luogo di meditazione a metà tra fantasia e realtà.

Source: fashionmag.com

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